Buongiorno!

C’è chi dice che fosse nato nel 1933 e chi nel 1938. Lui, dal canto suo, ha sempre dichiarato di essere nato nel 1935. La vita di Karl Lagerfeld, d’altronde, è bella come un film. E, come un film, non può che essere condita da un po’ di mistero.

Karl nasce ad Amburgo, da una donna che fino al matrimonio aveva venduto abbigliamento intimo e da un uomo la cui famiglia era diventata ricca introducendo il latte condensato in Germania.

Nel 1952 (o giù di lì!) lascia la città natale per trasferirsi a Parigi. Fin da ragazzo nutre una grande passione per le arti e il disegno, e la capitale francese è il luogo perfetto per studiarli.

È qui che partecipa ad uno dei primi concorsi di moda dell’epoca, uscendone vincitore assieme ad un altro brillante giovane: Yves Saint Laurent.

Quello di Saint Laurent non è l’unico nome che ci suona famigliare in questo aneddoto. In quell’occasione, Karl fa colpo su un illustre membro della giuria, che decide di portarselo in atelier. Si tratta di Pierre Balmain, il primo stilista-imprenditore che il mondo della moda ricordi.

L’ambizioso Karl non si ferma certo nel primo posto di lavoro che trova. Nel 1958 diventa direttore artistico della maison di Jean Patou, incarico che ricopre fino al 1963, anno in cui quest’ultimo muore.

Lagerfeld, conscio del suo talento, prende una decisione decisamente fuori dal comune per quegli anni: anziché cogliere l’occasione per fondare una maison tutta sua, mette da parte l’alta moda e diventa stilista di prêt-à-porter freelance.

Il tempo gli darà ragione: presterà la sua brillante creatività a nomi come Krizia, Chloé, Valentino e soprattutto Fendi, di cui rimarrà direttore creativo fino alla morte.

Forse, la più grande sfida della sua vita è però quella con Chanel.

Nel 1982, l’allora presidente Alain Wertheimer, gli offre la direzione creativa: Mademoiselle Coco è scomparsa da poco più di 10 anni, ma tanto è bastato per far finire l’illustre casa di moda nel dimenticatoio.

Nonostante avesse rinnegato l’Haute Couture vent’anni prima, l’idea di resuscitare un marchio tanto prestigioso è troppo appetitosa, e Lagerfeld accetta la proposta. Forse, anche per lo sbigottimento con cui la notizia viene accolta: Un tedesco alla guida di un marchio francese? Ma stiamo scherzando?

Sono le tre del pomeriggio del 25 gennaio del 1983 quando, davanti a pochi scettici sfila la collezione che segnerà la rinascita di Chanel. Quello che fa Lagerfeld è tanto semplice quanto geniale: puntare sulla riconoscibilità dei codici del marchio, e riportare in passerella i suoi simboli: tailleur, loghi, perle, croci e camelie.

“Il mio lavoro non è rifare quello che Gabrielle Chanel ha fatto,

ma quello che avrebbe voluto fare”.

Karl Lagerfeld è dotato anche di grande riconoscenza. Consapevole che senza di loro nessun abito potrebbe mai prendere vita, valorizza il lavoro delle petites mains, sarte e artigiani altamente specializzati che lavorano nell’alta moda.

Così come associa, fin dal principio, il suo estro alle sue muse – da Claudia Schiffer a Cara Delevingne a Lily-Rose Depp – senza le quali, dice: “il processo sarebbe astratto e sterile: contribuiscono a dare forma ed espressione alla mia creatività”.

Il Kaiser della moda ha anche tante passioni: i libri, che compra e legge in numero esagerato; la sua gattina Choupette, erede di una parte del suo patrimonio; il lusso, naturalmente; la fotografia, che esercita con successo.

Muore nel 2019, dopo essere diventato egli stesso un’icona, nel vero senso della parola. I suoi feticci estetici sono inconfondibili: i capelli bianchi raccolti in un codino, gli occhiali da sole scuri, la camicia candida a collo alto, la cravatta e la giacca nere.

D’altronde, una delle sue citazioni più famose, è:

“Pensate rosa, ma non indossatelo”.

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